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Verande in condominio tra limiti e divieti

Pubblicato da in Innovazioni e lavori straordinari ·
Tags: Verande
Una sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un consolidato indirizzo: i lavori di chiusura di un balcone necessitano di un permesso di costruire e non possono essere considerati interventi di manutenzione straordinaria.
La Corte di Cassazione è intervenuta con una nuova sentenza (la n. 18507 dell’11 maggio 2011), con cui non solo ribadisce ma consolida ulteriormente un orientamento che, negli ultimi anni, sia la stessa Corte sia i giudici amministrativi avevano giàconfermato.
In buona sostanza, i giudici della Suprema Corte ribadiscono che: “La trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, o di un terrapieno et similia mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica o altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria, di restauro o pertinenziale, ma è opera già soggetta a concessione edilizia e attualmente a permesso di costruire”.

Nel ribadire tale principio i giudici, nel corso della motivazione, si rifanno a molteplici pronunzie dello stesso ente giudicante (Cass., Sez., sent. n. 35011/2007 e sent. n. 25588/2004). Inoltre lo stesso orientamento è stato confermato dai giudici amministrativi (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 394 dell’8 aprile 1999 e sent. n.675 del 22 luglio 1992, Cons. giust. amm. Sic., Sez. riunite, sent. n. 345 del 15 ottobre 1991).

Problemi definitori e requisiti tecnici per la costruzione
Il codice civile non contiene una disciplina specifica in materia di verande in condominio. Quindi potremmo considerare la veranda come “un manufatto costruttivo che determina una modifica esterna della facciata dell’edificio, suscettibile di rilievo urbanistico, ma privo di individualità propria, in quanto destinato a integrare il restante edificio”. Tale manufatto va considerato come un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire a esigenze temporanee con la successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile.

La lacuna codicistica viene comunque superata mediante l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza in riferimento alla disciplina contenuta nel D.P.R. 380 del 6 giugno 2001 (T.U. edilizia) e nella legge 47 del 28 febbraio 1985 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie). Secondo la giustizia amministrativa, premesso che la realizzazione di una veranda comporti l'’aumento della superficie utile di un appartamento e la modifica esterna della sagoma dell’'edificio, ne discende che il suddetto intervento richieda il previo rilascio della concessione di costruzione (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 394 dell’8 aprile 1999 e sent. n. 675 del 22 luglio 1992).

Vi è da precisare che a questo assunto ci si è arrivati dopo un lungo iter interpretativo perché per quanto riguarda poi la nozione di “costruzioni” ai fini del rilascio della concessione edilizia, il Consiglio di Stato, accogliendo il costante orientamento della giurisprudenza di merito, ha stabilito che per “costruzioni” ai fini del rilascio del suddetto provvedimento concessorio debbano intendersi le opere che attuano una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, a prescindere dalla circostanza che essa avvenga mediante realizzazione di opere murarie: è infatti irrilevante che le opere siano realizzate in metallo, in laminati di plastica, in legno o altro materiale, laddove comportino la trasformazione del tessuto urbanistico ed edilizio.

Inoltre si precisa che, pure nel caso di costruzioni non infisse al suolo ma aderenti a esso che alterino in modo rilevante e duraturo nel tempo lo stato del terreno, quali una roulotte con veranda su pavimento in cemento e piattaforma di legno, si dispone la necessità del rilascio della concessione edilizia. Infatti per “sagoma di un edificio” si intende la figura piana risultante dal contorno esterno dell’edificio, proiettato sul piano orizzontale e sui piani verticali, con esclusione delle sporgenze che non concorrono alla definizione di superficie coperta, come i balconi, gli aggetti ornamentali e le tettoie a sbalzo; di conseguenza, non possono esservi dubbi sulla circostanza che per la realizzazione della veranda sia obbligatorio il rilascio della concessione di costruzione (TAR Veneto, Sez. II, sent. n. 1216 del 10 febbraio 2003).

Il principio giuridico richiamato viene ulteriormente ribadito dall’ulteriore previsione secondo la quale il carattere di precarietà, addebitabile alla struttura-veranda da realizzare, non esime l'’interessato a munirsi della concessione a costruire: in particolare, “sono soggette a concessione edilizia non le sole attività di edificazione, ma tutte quelle consistenti nella modificazione dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo a un impiego diverso da quello che gli è proprio, in relazione alla sua condizione naturale e alla sua qualificazione giuridica, e a nulla rileva l’eventuale precarietà della struttura da realizzare” (TAR Campania, Sez. IV, sent. n. 2451 del 28 febbraio 2006).

Dal punto di vista strutturale possiamo distinguere diverse tipologie di verande:
  • pannelli in vetro e alluminio sul parapetto di un balcone già chiuso;
  • veranda-ripostiglio;
  • veranda con pannelli scorrevoli o struttura grigliata in cemento.

Pannelli in vetro e alluminio sul parapetto di un balcone già chiuso
Per tali fattispecie è sancito l’'obbligo della concessione edilizia per il condomino che procedeva all’'installazione di pannelli in vetro e alluminio sul parapetto di un balcone già chiuso per i restanti lati da muri perimetrali dell'’edificio preesistente, in ragione del fatto che l’'installazione di tali pannelli determinava:
a. la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile;
b. l’aumento della superficie utile;
c. la modifica della sagoma dell’edificio stesso.

Veranda-ripostiglio
Di medesimo avviso è la pronuncia del TAR Campania, in cui si è escluso che possa farsi rientrare nella categoria degli interventi di manutenzione straordinaria la realizzazione di una veranda-ripostiglio che doti l’appartamento di una struttura nuova e aggiuntiva, estranea morfologicamente e funzionalmente all'’originaria conformazione dell'’immobile condominiale (TAR Campania, sent. n. 2708 del 12 giugno 2001).

Veranda con pannelli scorrevoli o struttura grigliata in cemento
La giurisprudenza ha ritenuto che in questo caso non si verifichi un ampliamento di volume, con la conseguenza che il condomino, ove decida di realizzare tale struttura, non deve munirsi di concessione edilizia (TAR Sardegna, sent. n. 856 del 10 luglio 2003; TAR Liguria, sent. n. 843 del 3 luglio 2003).

Quando si richiede
Non di rado si verifica l’ipotesi in cui sia chiuso a veranda uno spazio già inglobato nelle preesistenti parti dell'’edificio: in tal caso le verande installate sono da considerarsi come elementi accessori a un fabbricato, con funzione di riparo dagli agenti atmosferici e di protezione dall’accesso furtivo di terzi nell’abitazione. In merito a tale fattispecie, si ritiene la non necessità della concessione edilizia: il condomino dovrà dunque munirsi solo di DIA dal momento che la struttura-veranda accessoria al fabbricato assolve alla mera finalità di conservazione.

Sono assoggettati al regime della semplice denuncia di inizio di attività quegli interventi, diretti alle predette finalità, che consistono nell’installazione di “elementi compatibili con le esigenze dell’ordinario uso dell’edificio o della parte di esso cui accedono nel rispetto degli elementi tipologici formali e strutturali dello stesso edificio e della destinazione edilizio-urbanistica delle varie parti di cui esso si compone” (TAR Lazio, Sez. II ter, sent. n. 1550 del 28 febbraio 2002.

Dal permesso di costruire alla SCIA
L’attività di costruzione dei privati è vincolata da modalità e strumenti normativi che hanno subìto, nel tempo, sostanziali modifiche: si è passati dalla licenza edilizia di cui alla legge 1150 del 17 agosto 1942, alla concessione edilizia di cui alla legge 10 del 28 gennaio 1977 (legge Bucalossi), sino al permesso di costruire di cui al D.P.R. 380/2001.

La “licenza edilizia” era originariamente prevista soltanto per ciò che riguardava le edificazioni da effettuare sul territorio urbano ed era gratuita; inoltre, era un provvedimento di natura autorizzatoria che, a seguito di verifica della conformità tra l'’attività costruttiva richiesta e le previsioni degli strumenti urbanistici, consentiva al privato l’esercizio della facoltà di costruire, immanente al diritto di proprietà.

Con la legge 10/1977 (legge Bucalossi), la licenza edilizia fu sostituita dalla “concessione edilizia”: la facoltà di costruire veniva scissa dal diritto di proprietà, sicché lo ius aedificandi diventava l’oggetto di uno specifico provvedimento concessorio da parte della Pubblica amministrazione. Tuttavia, con la sent. n. 5 del 30 gennaio 1980, era intervenuta apportando delle precisazioni relativamente alla facoltà dello ius aedificandi.
Anche a seguito di queste indicazioni, nel 2001, con il D.P.R. 380, entra in vigore il T.U. edilizia e la concessione edilizia viene sostituita dal “permesso di costruire”, rilasciato dallo Sportello Unico per l’edilizia (art. 5).

Con l’approvazione del “D.L. Sviluppo”, il cui testo è ormai definitivo dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (la n. 110 di venerdì 13 maggio 2011), vengono apportate sostanziali modifiche al Testo Unico dell’edilizia, definendo la procedura per il rilascio del titolo abilitativo. Per il rilascio del permesso di costruire viene introdotto il silenzio-assenso entro un termine massimo di 90 giorni (180 per i comuni con oltre centomila abitanti), salvo i casi ove sussistano vincoli ambientali, paesaggistici e culturali. Il termine per le verifiche ex post da parte delle amministrazioni sugli interventi realizzati con (segnalazione certificata di inizio attività) viene dimezzato da 30 giorni. L’ambito di applicazione viene esteso agli interventi edilizi che, prima del “D.L. Sviluppo”, erano soggetti a DIA, ma non sostituisce, né i nulla osta e le autorizzazioni concedibili in caso di vincoli paesaggistici, ambientali o culturali. Inoltre, vengono liberalizzati i cambiamenti di destinazione in deroga ai piani regolatori, e fino all’eventuale entrata in vigore di leggi regionali specifiche sull’attività edilizia.

Riportiamo nella tabella 1 l’excursus normativo e le attuali disposizioni.

TABELLA 1 La disciplina della veranda abitabile costruita su un terrazzo.
Agevolazioni fiscali
Non è prevista la detrazione del 36% perché la costruzione della veranda costituisce un incremento volumetrico.
La disciplina condominiale
Dal punto di vista della disciplina condominiale se la veranda è costruita sul terrazzo è considerata sopraelevazione; pertanto è da corrispondere ai condomini l'’indennità dell’art. 1127 cod. civ.

L'’opera non può essere vietata dai condomini purché rispetti il decoro architettonico, la sicurezza strutturale dell’'edificio e se non è esclusa dal regolamento contrattuale.

In presenza del riscaldamento centralizzato, la trasformazione del balcone in veranda comporta la revisione della tabella di riscaldamento.

La modifica della tabella di proprietà non è strettamente necessaria, laddove non venga alterato in maniera notevole il rapporto millesimale tra le proprietà esclusive, all’'interno del condominio.

Qualora il giudice ritenga che effettivamente vi sia stata una notevole alterazione dei rapporti millesimali, la perizia con cui si determinano i nuovi millesimi può tener conto solo della nuova superficie aggiunta se l’'ampliamento riguardi piani o porzioni di piano della stessa altezza degli altri. Se, invece, l'’addizione riguarda una serra o un sottotetto che hanno parte della loro altezza inferiore alle altre, non abitabile, il criterio corretto è quello del volume (Cass., sent. n. 7300/2010).
Permessi
Alcuni comuni non richiedono permessi se si tratta di un ridotto ampliamento. Comunque devono essere sempre rispettate le distanze legali.
IVA
Se l’ampliamento riguarda un’abitazione acquistata con i benefici “prima casa”, l'IVA si applica al 4% (Ag. entrate, circ. n. 19 dell’1.3.2001).

Considerazioni conclusive
Dall’iter giurisprudenziale tracciato possiamo trarre le seguenti conclusioni:
a. il condòmino che intenda realizzare una struttura-veranda dovrà sempre munirsi di concessione edilizia;
b. invece, se si tratta di una struttura precaria, destinata a far fronte a sue esigenze momentanee e a essere rimossa dopo l’uso temporaneo; oppure è diretta al recupero del patrimonio edilizio già esistente, o viene realizzata al solo scopo di protezione dagli agenti atmosferici esterni nei limiti della funzionalità dell’immobile, non è necessaria la concessione edilizia;
c. il condòmino che realizzi una veranda senza il permesso di costruire si renderebbe fautore di abusi edilizi, con conseguente addebito di responsabilità amministrative e penali;
d. la chiusura di una veranda senza concessione rientra tra gli interventi abusivi di ristrutturazione edilizia la cui repressione comporta l'’ingiunzione alla spontanea rimozione dell’abuso: allo scadere del termine all'uopo fissato, è prevista la demolizione d'ufficio, a spese del responsabile, o, se il ripristino non sia possibile, l'irrogazione di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'’aumento di valore dell'immobile conseguente alla realizzazione dell'opera, da determinarsi con riguardo alla data di ultimazione dei lavori;
e. l'autorizzazione assembleare risulta necessaria qualora la realizzazione del manufatto possa arrecare pregiudizio ad alcuni condòmini (cfr. Cass., sent. n. 10704 del 24 dicembre 1994 e sent. n. 5652 del 21 ottobre 1980), o perché non vengano rispettate le distanze legali fra le due proprietà (Cass., sent. n. 5652 del 21 ottobre 1980).
In questa seconda ipotesi è opportuno che l'’autorizzazione venga formalizzata con atto notarile e successiva trascrizione presso dei registri immobiliari. Tale formalità consentirà di cautelarsi da eventuali azioni che potrebbero essere intentate dall'acquirente in caso di vendita dell’'appartamento da parte del confinante.
Inoltre sarà opportuno in sede assembleare che il condòmino sottoponga il relativo progetto corredato da tutte le informazioni inerenti il materiale e le modalità di costruzione del manufatto. Ma anche in caso di delibera favorevole, adottata a maggioranza, non potrà evitare eventuali azioni legali da parte di singoli condomini (cfr. Cass., sent. n. 3510 del 28 maggio 1980) che dovesse invocare per esempio l’'alterazione del decoro architettonico o l'’alterazione del profilo igienico (Cass., sent. n. 2543 del 7 luglio 1976).

Ivan Meo - Il Sole 24Ore




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